ASPARAGI – Si tolgono dal piatto di portata con l’apposita pinza, si dispongono ordinatamente nel piatto e, se si è sicurissimi di sé, si mangiano tenendo in mano l’estremità bianca, in bocca l’estremità verde. Se si è meno sicuri, si stacca, con la forchetta, la parte verde, la si porta alle labbra con la forchetta e si lascia lì il resto. Se non si è affatto sicuri di sé non si mangiano asparagi.
BACIAMANO – Vecchissima, ma non risolta questione. In teoria, non si bacia la mano di una donna guantata, nemmeno a Corte, nemmeno se è la Regina. Boni de Castellane, inchinandosi davanti ad una sovrana colpevole di non aver scoperto le sue dita, mormorò: «I excuse your gloves, Madame». Non si bacia una mano in tram, in autobus; si può baciarla sulla banchina della stazione, sul terreno dell’aeroporto, in segno di congedo quasi patetico. Non la si bacia se non si è sicuri di sapersi inchinare all’angolo giusto (limitato cioè), e di saper baciare veramente chi si vuole, limitandosi, per le altre, ad una mimica di balletto. Non la si bacia in un clima di affari: l’antiquario elegante si limita a stringere la mano della signora che compra da lui sei poltrone di gobelin. Gliela bacerà, la sera, in casa di lei, in casa di lui, in casa di amici, a teatro, al night-club. Non la si bacia quando questa mano viene tesa bassa, leggermente rigida e diritta: evidentemente la signora ha i suoi principi in materia (o un marito geloso). In alcuni paesi la si bacia anche alle signorine. In Italia solo alle signore, magari ventenni, magari accompagnate da una zia novantenne, ma zitella, e quindi non baciabile.
CARISSIMA (O CARISSIMO) – È il modo, generalmente, di salutare qualcuno quando non ci si ricorda con esattezza il suo nome. Evitate quindi un’esagerazione di cui nessuno vi sarà grato. E non dite nemmeno «tesoro» a chi non considerate strettamente tale: «Tesoro, sii un tesoro, e passami quel tesoro del tuo portasigarette» è una frase comune; ma spaventosa. Abolite, se potete, le «stelle d’oro», gli «amore santo» ed anche gli «illustre!», i «bellezza!». Siate semplici, e cercate di rammentare, con esattezza, che l’avvocato si chiama Alberto Maineri e non Alfredo Mambretti: sfumature, direte voi, ma l’avvocato, scioccone!, ci tiene proprio tanto.
CONFORMISTI – Sono sempre più frequenti e sempre più insopportabili, in qualsiasi campo. La genia più comune e più irritante è quella mondano-intellettuale-poliglotta, quella che adora la Russia, studia il russo, dichiara l’America scaduta e l’Europa imputridita. Non fa sport, ma adora le villeggiature scomode. Si ostina a credere nel cinema d’avanguardia. Ammette solo l’arte astratta. Il Conformista può condurvi alla follia in dieci minuti di conversazione, perché «corregge» la vostra pronuncia, le vostre opinioni ed i vostri gusti. Perché adora ogni specie di «gergo», quello scientifico, e si esprime in formule; quello intellettuale, e si esprime in assurdità; quello mondano, e si esprime in eresie. Il Conformista adora le «abbreviazioni», e non tanto quelle di uso corrente, la Fao o l’Onu, no, lui si specializza in sigle indecifrabili, che voi non capirete e che gli consentiranno di guardarvi con rinnovato disprezzo.
DIETE – Pensate all’Ottocento, ai gagliardi discorsi di gastronomia, e dimenticate le vostre diete ogni volta che siete ospite (in trattoria o in casa) di qualcuno. Qualcuno che, al suo meglio, ha fatto venir per voi caviale russo o pollanche bressane e gaspacho spagnolo, oppure vi ha ordinato la pizza Margherita, orgoglio di quella pizzeria. Ebbene, avete solo un modo di ricompensarlo, risarcirlo, premiarlo per il suo buon cuore. Mangiate, mangiate, mangiate. Riprendete il risotto, chiedete con falsa confusione una patata supplementare, anche se per smaltire quelle calorie dovrete digiunare tre giorni; anche se avete sempre odiato la pizza Margherita; anche se il pizzaiolo vi sembra sporco. Potete rifiutare l’invito, adducendo la salute vacillante o la partenza per il Congo. Ma, se accettate, dovete divorare, sorridere, lodare l’orchestrina (inevitabile nelle pizzerie), il vino mediocre (le mogli degli amici servono sempre vino mediocre), lodare la temperatura, la luce, il silenzio, il rumore, la compagnia, la solitudine. Uscendo di lì, bagno turco e purga, se credete. Ma non dimenticate una telefonata o un rigo di rallegramenti! I nostri regimi devono renderci snelli, non detestabili.
ETÀ – Parlatene il meno possibile, non confessate la vostra, non chiedetela agli altri: tutti, uomini e donne, si dicono vicendevolmente una quantità di cose spiacevoli, mentre calcolando amabilmente le reazioni reciproche le potrebbero evitare sempre. E, ad esempio, gli uomini sanno quanto le donne siano sensibili all’età che hanno, che vorrebbero avere, che dimostrano: «Ah, signora Lilli, che adorabile bambina era lei! Mi ricordo che uscendo dall’Università la vedevo giocare al cerchio, vestita di rosa…». Ecco una frase che rende felice Lilli per una settimana, anche e soprattutto, se quando l’Uomo Amabile andava all’Università Lilli era già sposa e madre. «Lei, signorina Ninì, non può ricordarsi esattamente la dichiarazione di guerra, perché probabilmente andava all’asilo…». La signorina Ninì, nel 1940, era già al suo terzo fidanzamento mancato, ma questo discorsino, preferibilmente fatto in presenza di molta gente, le restituirà la gioia di vivere e l’animerà di infinita riconoscenza per chi così l’ha aiutata. Al contrario, ci sono parole atroci. Il giovanotto che, incontrando una signora ancora lontana dalla quarantina, le dice festosamente: «Sa cosa ho scoperto? Che lei è un’amica di infanzia di mia madre», si farà una nemica mortale, anche se la nemica sa, soprattutto se sa, che non è vero e che la madre del giovanotto vuol così ringiovanire se stessa. Calcolate, calcolate: gli anni e gli aggettivi, le frecciate e le buone azioni, ma non sprecate il vostro tempo nel costruirvi degli alibi azzardosi dicendo: «Io, nata durante gli scioperi che precedettero immediatamente il Fascismo…», quando siete nata tra gli scioperi che segnarono la fine del secolo. Talvolta, per vera cortesia, una signora di trent’anni dice alla quarantenne: «Alla nostra età…». La quarantenne può sorridere, lusingata, senza protestare. Ma non deve, alla prossima occasione, dire: «Noi, che i quarant’anni non li aspettiamo più…», perché la giovane ammette la propria amabilità, non l’insolenza altrui. Non sforzatevi di guardare il passaporto della compagna di viaggio, la patente automobilistica del nuovo conoscente. Ciascuno non ha l’età che dimostra, ma l’età che cerca di dimostrare, e lasciamogli le sue illusioni.
FEDELTÀ – Istinto essenziale oppure decisione ammirevole. Siate fedeli in affari, in amicizia, in politica, in bontà; e, si intende, in amore. Ma non aspettatevi la fedeltà che nessuno vi ha promesso e nulla vi ha garantito. Parlo qui per le ragazze e non per i ragazzi, specifico; per le quindicenni, non per i quindicenni. Sono sempre le mie lettrici che, annunciandomi il loro «fidanzamento ancora clandestino per via di papà» con un coetaneo, mi chiedono di trovar loro un grazioso appartamento, un figurino d’abito nuziale, e forse anche un modello di culla. I lettori, al massimo, vorrebbero sapere come «comunicare a una bellissima fanciulla castana» i loro sentimenti teneri, ma niente affatto solidi. La costanza è parte integrante del carattere femminile, nonostante le opinioni personali del duca di Mantova. La donna non è mobile. La donna, anche inesperta, ingenua, ignara, sviluppa strane doti di praticità, non appena pensa al matrimonio. Il compagno di scuola l’ha guardata? Significa che l’ama, la vuol conoscere, conquistare, sposare. Se lui si limita a sparlare di sport, di studio, o di qualsiasi altro argomento, la Delusa e Scoraggiata mi interroga convulsa: «Quali sono le sue intenzioni?». Se le rispondo: «Discutere con te gli argomenti che lo interessano», la Delusa Scoraggiata Disperata Infranta replica: «Allora, non mi ama?». Se le garantisco che già il desiderio di chiacchierare con lei e non con un’altra indica un minimo di preferenza, la Delusa Forse Rasserenata esulta: «Se mi preferisce, mi ama. Se mia ama, mi sposa. Se mi sposa, sarà mio, per sempre!». E qui sarebbe assurdo rammentarle che una vita dura facilmente settantacinque anni, e che lei non può ora ipotecare i prossimi sessanta; e nel suo stesso interesse, le conviene aspettare, limitarsi alle conversazioni, non esigere e non imporre promesse esterne. No, già trasformatasi in Sposina Bambina Adorata, la mia corrispondente sta spiando, furiosamente, le reazioni dell’ignaro studentino che, tra un anno, figurerà nell’archivio sentimentale di lei come il Primo Mascalzone Traditore.
Da “Il Mondo” di Irene Brin curato da Flavia Piccinni e per gentile concessione di Atlantide Editore. Il libro è in vendita sul sito dell’editore e nelle migliori librerie indipendenti italiane.